17^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Antifona
d'Ingresso
Dio
sta nella sua santa dimora;
Colletta
Rivelaci,
o Padre, il mistero della preghiera filiale di Cristo, nostro fratello e
salvatore e donaci il tuo Spirito, perché invocandoti con fiducia e
perseveranza, come egli ci ha insegnato, cresciamo nell'esperienza del tuo
amore. Per il nostro Signore...
1^
Lettura
Dal libro della Genesi
In
quei giorni, disse il Signore: “Il grido
contro Sòdoma e Gomorra è troppo grande e il loro peccato è molto
grave. Voglio scendere a vedere se
proprio hanno fatto tutto il male di cui è giunto il
grido fino a me; lo voglio sapere!”.
Salmo
Ti
rendo grazie, Signore, con tutto il cuore:
A
te voglio cantare davanti agli angeli,
Rendo
grazie al tuo nome
hai
reso la tua promessa più grande di ogni fama.
Nel
giorno in cui t'ho invocato,
Ti
loderanno, Signore, tutti i re della terra
Canteranno
le vie del Signore,
eccelso
è il Signore e guarda verso l'umile,
Se
cammino in mezzo alla sventura tu mi ridoni vita.
Signore,
la tua bontà dura per sempre:
2^
Lettura
Dalla lettera di San Paolo ai Colossesi
Fratelli,
con Cristo siete stati sepolti insieme nel battesimo, in lui anche siete stati
insieme risuscitati per la fede nella potenza di Dio, che lo ha risuscitato dai
morti.
Canto
al Vangelo
Alleluia,
alleluia.
Chiedete
e vi sarà dato,
Alleluia.
Vangelo
Lc 11, 1-13
Un
giorno Gesù si trovava in un luogo a pregare e quando ebbe finito uno dei
discepoli gli disse: “Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha
insegnato ai suoi discepoli”.
RIFLESSIONE
Certamente, ascoltando queste letture, tutti ci siamo resi conto che la Parola di Dio di oggi ci invita alla preghiera: è una bellissima preghiera quella di Abramo che, da buon commerciante arabo, si mette a contrattare con Dio per la salvezza di Sodoma e Gomorra e ci dimostra così la confidenza con cui rivolgerci a Dio e la potenza e della preghiera di intercessione; è l’assoluta fiducia della comunione con Dio che permette a Paolo di dire che noi siamo morti e risorti con Cristo ed è la semplicità e la profondità del Padre nostro insegnato da Gesù a dirci che la preghiera ci manifesta Dio e manifesta noi a Lui. Quante cose si potrebbero dire e lungo i secoli sono state dette sulla preghiera!, ma più che metterci al seguito di una o di un'altra "scuola di preghiera" vorrei con voi brevemente mettermi alla scuola di preghiera di Gesù. Perché Gesù ha pregato nella sua vita terrena ed ha pregato molto. San Luca inizia il brano che abbiamo letto oggi dicendoci che: "Gesù si trovava in un luogo a pregare" e che la domanda che i discepoli gli rivolgono circa la preghiera parte proprio da questo loro vedere sovente Gesù in preghiera. Tutti gli evangelisti, infatti, ci presentano più volte Gesù in preghiera, ad esempio Luca ci dice che Gesù prega prima dei pasti, passa notti intere in preghiera, per pregare meglio si ritira nel deserto, recita a memoria le preghiere che ogni buon ebreo ripeteva cinque volte al giorno, va alla preghiera della sinagoga al sabato, partecipa alle preghiere liturgiche delle Festività religiose ebraiche, prega prima di ricevere il battesimo e di compiere i miracoli, prega prima di scegliere gli apostoli e prima della sua passione, prega, addirittura urlando per dolore, sulla croce, prega ancora, dopo la sua risurrezione quando ritorna tra i suoi nel cenacolo. Per Gesù, dunque la preghiera è essenziale. Per Lui, la preghiera, prima ancora di essere parole o gesti, è la sua vita stessa, il suo stesso atteggiamento; la preghiera cioè manifesta ciò che Gesù è e che Gesù arriverà ad esprimere quando dirà: "Io e il Padre siamo una cosa sola". Nasce di qui il primo insegnamento di Gesù sulla preghiera: prima di essere preghiere, formule, riti, cerimonie, la preghiera è una profonda amicizia con Dio, è un sentire Dio presente nella propria vita, è un farsi presenti a Dio, il tutto in tono di vera amicizia, rispettosa, ma anche spontanea. Prima ancora di essere richiesta, presentazione dei nostri bisogni la preghiera è profonda intesa con Lui, è rapporto. E’ proprio questo che ha colpito gli apostoli. Essi erano abituati alla preghiera formale, liturgica, a quel cerimoniale ripetitivo inteso quasi come l’obbligo di devozione del suddito verso il suo re. Scoprono invece in Gesù uno che crede, che vive profondamente questo rapporto con Dio. E’ un po’ come può succedere a noi quando, abituati alle solite formule liturgiche, ci troviamo per caso coinvolti in una celebrazione dove si ‘sente’ che il prete non recita, dove si percepisce che la gente ascolta per davvero, dove il canto non è delegato a qualcuno, ma preghiera di tutti, dove non si ha paura di infrangere qualche tabù liturgico per esprimere solidarietà, fraternità, desiderio di vivere quanto pregato. Scopriamo improvvisamente che pregare non è un dovere, che la liturgia non è solo un rito, che parole come amore, fratellanza, solidarietà, non sono solo vaghi suoni che vanno bene sulla bocca di un predicatore. Gli apostoli, però, non sono riusciti a fare d’un colpo tutti questi passi, e chiedono ancora a Gesù un formula di preghiera. E Gesù li accontenta consegnando loro la preghiera del Padre nostro, ma li aiuta a progredire in quanto questa non è solo una formula di preghiera ma è anche l’insieme degli atteggiamenti della preghiera stessa. Dire: "Padre" infatti è, prima di tutto, riconoscere una realtà nuova: Dio non è più il lontano, lo sconosciuto di cui avere paura, il Dio castigamatti a proprio arbitrio, il Dio Supremo, ente amorfo, è il Padre di Gesù, ma anche il Padre mio; io sono suo figlio, amato personalmente da Lui. Mio Padre si interessa al mio vivere quotidiano, è attento alle nostre necessità, sa delle nostre preoccupazioni. Quindi dicendo : "Padre" io mi riempio di fiducia in Lui. Gesù lo spiega bene: "Quale Padre tra voi se il figlio gli chiede un pesce, gli darà, invece, una serpe? O se gli chiede un uovo, gli darà invece uno scorpione? Se dunque voi che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste". E siccome "Padre" lo dico io, ma lo dici anche tu, come può dirlo a pieno titolo ogni uomo sulla terra, e siccome Gesù è morto sulla croce per me, per te e per ogni uomo, dicendo "Padre" io scopro anche tutti i miei fratelli. E’ allora nel fatto dell’essere figli di Dio che possiamo trovare la forza di perdonarci a vicenda, di condividere lo stesso pane, di pregare insieme. "Sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno" So benissimo che non sono io a rendere più grande la gloria di Dio o, come dice una preghiera di prefazio: "Non sono le nostre azioni di lode a rendere più grande la tua grandezza", ma sono io, siamo noi, meravigliati della potenza, della santità, della grandezza, della misericordia di questo Padre a desiderare che tutti lo conoscano e lo manifestino perché solo nel suo nome c’è salvezza. Ecco allora che la sua santità deve riflettersi anche sul mondo e su di me: sul mondo perché il creato col il suo esistere è la lode concreta del Creatore e su di me perché io ho l’impegno "di essere santo, perché Lui è santo". E allora invoco per me e per il mondo che il Regno inaugurato nella morte e risurrezione di Gesù, venga e venga presto, in maniera totale e definitiva, perché solo in quel regno troveremo la vera pace, la giustizia, la verità e chiedo ogni giorno a Gesù di insegnarmene la via, rinnovo la mia disponibilità a lasciarmi coinvolgere da questo regno in cammino, chiedo a Dio di darmi la forza di esserne testimone. E’ per questo che chiedo per me, per i miei fratelli le cose concrete che sono raffigurate dal pane "di ogni giorno", chiedo il necessario non per l’accumulo, ma per il viaggio di oggi, chiedo il pane della condivisione che mi porti fino al passo del perdono del fratello che può avermi offeso. Questo è difficile, ma non impossibile se penso che Dio ha perdonato me. E proprio perché non sempre è facile. allora chiedo a Dio di non indurci in tentazione, cioè di non permettere che noi siamo messi in prove che superino le nostre forze. Ci rendiamo dunque conto che la preghiera che Gesù ci ha consegnato non è solo una formula è la sintesi del Vangelo, è il nuovo modo di sentire, il nuovo modo di parlare, il nuovo modo di valutare, il nuovo modo di vivere. Questa preghiera infatti ci permette non solo di chiedere a Dio (e Gesù ci invita a farlo con insistenza nella certezza che il Padre ci ascolta sempre) ma ci permette anche di capire ciò che Dio vuole da noi e alla fine constatiamo che le due richieste coincidono: Dio mi dona, si dona a me, ma i suoi doni per poter portare frutto richiedono anche che io mi doni a Lui e ai fratelli e allora, se la preghiera è vera, se il mio abbandono a Lui è sincero ecco che mentre la preghiera viene esaudita (magari non a modo nostro, ma a modo suo), essa mi trasforma e mi fa entrare nel grande progetto di salvezza di Dio. Pregare allora non è tanto trovare la formula giusta, rispettare tutti i canoni liturgici, moltiplicare a iosa parole che Dio conosce già bene prima ancora che vengano formulate, è invece incontrare Lui, sentire il bisogno di Lui, avere fiducia in Lui, chiedere con profondità e insistenza, essere sicuri di essere esauditi da Lui nella maniera giusta per noi, è avere la disponibilità di ascoltare Lui, di lasciarci trasformare da Lui. Una preghiera, allora, sarà tale se dopo di essa ci vedrà trasformati perché arricchiti di nuovi doni da Dio, ma anche perché più decisi a cercare di realizzare quelle stesse cose per cui abbiamo pregato.
Sulle
Offerte
Accetta,
Signore, queste offerte che la tua generosità ha messo nelle nostre mani, perché,
il tuo Spirito, operante nei santi misteri, santifichi la nostra vita presente e
ci guidi alla felicità eterna. Per Cristo nostro Signore.
Dopo
la Comunione
O
Dio nostro Padre, che ci hai dato la grazia di partecipare al mistero
eucaristico, memoriale perpetuo della passione del tuo Figlio, fa che questo
dono del suo ineffabile amore giovi sempre per la nostra salvezza. Per Cristo
nostro Signore.